Da una stella di magnitudine V=5 , appena visibile
a occhio nudo, che si trovi allo zenith arrivano in un cm2 a
livello del mare in media circa 80 fotoni ogni secondo per ogni
dieci angstrom di larghezza della banda in cui si osserva (nella zona attorno
ai 5500
Å). Se raccogliessimo tutti i
fotoni che arrivano in un cm2 la cui lunghezza d'onda sia compresa entro 850
Å dalla lunghezza d'onda centrale della banda fotometrica V (praticamente tutti quelli che cadono entro la banda V), otterremmo circa 13600 fotoni
per secondo.
Da una stella di magnitudine V=22, invece, arriva su un cm2
ed entro la stessa banda in media 1 fotone ogni 8 minuti. Un
telescopio da 1 metro di diametro ne raccoglie circa 17 in un
secondo.
Un cielo non inquinato con una luminosità di 65 nL fornisce sul piano focale dello stesso
telescopio circa 13 fotoni
al secondo da ogni secondo d'arco quadrato di
cielo.
Se la lunghezza focale del telescopio e le dimensioni del rivelatore (o di un suo
elemento, nel caso del CCD) sono tali che esso copre una zona di cielo di un secondo d'arco quadrato,
allora soltanto circa il 57% dei fotoni ricevuti appartiene alla stella.
Poiché la scala angolare dell'immagine, espressa come numero di secondi
d'arco che corrispondono ad un mm nel piano focale del telescopio,
ove si trova il rivelatore, dipende solo dalla lunghezza focale F
del telescopio, ,
nell'osservazione di oggetti puntiformi potrebbe sembrare sufficiente
aumentare la lunghezza focale dello strumento o ridurre il
diaframma del fotometro (cioè la dimensione del campo osservato) o la dimensione dei pixel del CCD
per diminuire l'influsso della luminosità del cielo.
In pratica
però ciò non è possibile. Infatti la risoluzione angolare
dell'immagine di una stella sul piano focale è limitata dalla qualità delle
ottiche e dai movimenti dell'immagine dovuti alle perturbazioni
del fronte d'onda prodotte dalla turbolenza atmosferica (seeing) che per
tempi di integrazione non brevissimi produce una dispersione della
luce
tutt'attorno al punto ove vi sarebbe l'immagine in assenza di
atmosfera. Quindi un oggetto puntiforme in realtà produce un'immagine diffusa e
un aumento della lunghezza focale si traduce in un
aumento dell'area in cui la luce viene dispersa cosicché il rapporto tra
la brillanza di quest'area e la brillanza del fondo-cielo resta costante.
In genere i telescopi professionali vengono progettati per
lavorare alla massima definizione possibile, con una dimensione
degli elementi del recettore che è qualche frazione dell'area in cui la luce viene dispersa e quindi il sistema non è suscettibile di migliorare né
aumentando la lunghezza focale né diminuendo le dimensioni del diaframma o dei pixel.